LA DIETA PLANETERRANEA È LA NUOVA MEDITERRANEA
Pensate al celebre regime alimentare ma estendetelo a cibi provenienti da tutto il mondo
di Alice Abbiadati
È dal 2010 che la dieta mediterranea è apprezzata per essere tra i regimi alimentari più sani. Ma sebbene abbia una nomea ottimale, ha un piccolo deficit: necessita di materie prime che esistono principalmente sul suolo che tocca le coste del Mediterraneo.
Anticamente era infatti l'alimentazione di contadini e pescatori d'Italia, Spagna, Grecia e Marocco, e vede tutt'ora protagonisti olio d'oliva, legumi, cereali integrali, frutta e verdura a chilometro zero, carne bianca, formaggi, pesce e un bicchiere di vino rosso di tanto in tanto, ai pasti. Così non stupisce che, anche dalle altre parti del globo, le persone in qualche modo bramassero avere una dieta similare ma tailor made, studiata ad hoc con gli ingredienti che i loro suoli hanno da offrire.
Nasce così la dieta Planeterranea, ideata dall'Università Federico II di Napoli con l'obiettivo di adattare la dieta Mediterranea anche a cibi culturalmente provenienti da ogni parte del pianeta, in modo da applicarla in ogni angolo del globo.
E così la dieta Mediterranea si fa local, e sostenibile, a seconda di dove si vive.
Certo è che, in Giappone quanto in Italia, deve essere rispettata la corretta tabella nutrizionale, che vede protagonista una percentuale maggiore d'alimentazione vegetariana rispetto a quella onnivora: meno del 30% di grassi, circa il 10% di proteine, e la restante parte di carboidrati, tra cui tuberi e cereali, esclusivamente integrali. Il motivo? Favorendo la carne bianca a quella rossa, e ancor meglio i legumi al posto della carne stessa, ci si prende cura del sistema cardiovascolare negli anni, grazie a una notevole riduzione del consumo di grassi saturi che previene anche certe malattie.
Ma la dieta Planeterranea ora mette sul tavolo alcuni cibi che, in Italia come in Grecia, spesso non venivano contemplati. Per esempio la papaya e l'avocado per l'America Latina, la soia e l'alga wakame in Asia, e ancora la tapioca e le noci pecan per l'Africa. Giusto per fare qualche esempio.
L'importante è che i prodotti siano disponibili localmente (ed ecco perché la nostra dieta Mediterranea ha sempre storto un po' il naso al boom di avocado degli scorsi anni).
Una questione non solo di nutrizione ma anche di sostenibilità, perché se ogni paese applicasse questo regime a livello locale promuoverebbe non solo la salute ma anche il chilometro zero piuttosto che il mercato globale.